DOMENICA 24 MARZO 2024

CICLO-PEDALATA NEI LUOGHI DELLA BATTAGLIA DI RUDIANO O DELLA MALAMORTE

Partenza ore 8,30 dal piazzale Iveco per Ospitaletto-Chiari-Pontoglio-Rudiano e ritorno

Pranzo al sacco- pedalata medio/impegnativa di 85 Km

Aperta a tutti (i non soci contribuiscono con 3 euro per l’assicurazione R.C. + Infortuni)

Il nostro amico, lo storico Silvio Ferraglio, ci porterà a scoprire i luoghi della battaglia dell’anno 1191 per la supremazia delle acque del fiume Oglio tra gli eserciti di Brescia contro quelli Bergamaschi/Cremonesi.

info: Marco 3494038412 – Maurizio 3395664243

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Battaglia di RUDIANO,

Detta anche battaglia della Malamorte o di Pontoglio o di Cividate al Piano. Venne così chiamata la battaglia combattuta il 7 luglio 1191 tra Bresciani, Cremonesi e Bergamaschi. Cause della battaglia furono antiche rivalità fra Brescia e Bergamo per il controllo dell’Oglio, la questione dei Castelli di Volpino, Qualino, Ceratello non risolta con la battaglia e le più recenti e nuove rivalità fra Crema e Cremona e poi fra Brescia assieme a Milano. La battaglia, come s’è detto, ebbe luogo il 7 luglio 1191 festa di S. Apollonio quando il grosso delle truppe bresciane accampate a Palazzolo in attesa del soccorso di quelle milanesi dovette d’improvviso intervenire per rintuzzare la minaccia dei Cremonesi e dei Bergamaschi i quali, gettato di notte un ponte sull’Oglio vicino a Cividate al Piano, dilagarono nelle campagne mettendole a ferro e a fuoco dirigendosi su Palazzolo. Non potendo più attendere, i bresciani, divisi in quattro schiere comandate rispettivamente da Giacomo Confalonieri, Protoncelao da Mairano, Manuele Concesio e un Tangetini, mentre sul carroccio stavano, ad estrema difesa, Vianesio da Lavellongo, Boccaccio dei Boccacci, un Redoldeschi e un Pontonello da S. Andrea, si lanciarono contro l’esercito nemico avanzante, sempre sperando in un vicino arrivo dei Milanesi. I due eserciti si fronteggiarono con decisione, fino a quando, forse disanimati anche del mancato sopraggiungere degli alleati, i bresciani incominciarono a dar segni di sbandamento fino a prefigurare un vero e proprio ripiegamento, mentre bergamaschi e cremonesi reiteravano gli assalti. La sconfitta dei bresciani sembrava ormai imminente, quando lungo la strada da Rudiano a Palazzolo un suono di trombe e uno scalpitio di cavalli e nuvole di polvere annunciarono l’arrivo di Biatta da Palazzo con i suoi cavalieri i quali, postisi a guardia del castello di Rudiano, avvisati da alcuni esploratori, mandati a seguire gli scontri, della imminente rotta dei bresciani, avevano deciso di intervenire nella battaglia. La loro comparsa probabilmente ritenuta dai cremonesi e bergamaschi come l’avanguardia dell’esercito milanese servì a galvanizzare gli animi dei bresciani che moltiplicarono gli sforzi per ricacciare i nemici, i quali travolti dal loro impeto ripiegarono verso l’unico ponte che avevano costruito nella notte, il quale per il soverchio peso di uomini e cavalli crollò travolgendo una gran quantità di armati mentre altri si buttavano nelle acque del fiume sotto l’incalzare degli inseguitori. Per le ferite, per il peso delle armature, per la ressa incomposta, moltissimi morirono in modo talmente miserando che la battaglia venne chiamata dai Cremonesi della “mala morte”. Conquistato il carroccio dei cremonesi i bresciani lo trascinarono con grande esultanza a Brescia e, dopo averlo posto in S. Pietro de Dom, posero la campana dello stesso sulla torre del Pegol decretando che venisse suonata ogni anno il giovedì grasso “a letizia”. Il Malvezzi esagera certamente il numero dei morti che fa ascendere addirittura a oltre 10 mila, contando inoltre 2 mila prigionieri mentre altre fonti (Galvanei Flammae) contarono tremila cinquecento morti e ottocento prigionieri o, ancora, secondo Elia Capriolo, cinquemila morti e mille prigionieri. La sconfitta specie dei cremonesi fu segnata di irridenti strali di satira e da canzonette popolari. Agli affoganti soldati infatti venne messa in bocca l’espressione: “Melius est submergi quam mori” cioè “è meglio affogare che morire”.